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Le equivalenze complesse nella comunicazione

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Il terzo articolo della serie che ho chiamato 30 esperienze, una raccolta di approfondimenti sui concetti che ho toccato con mano lavorando per anni nel coaching, si rivolge a un argomento tecnico che – quando mi si è presentato la prima volta – è stato in grado di catturare la mia attenzione e di farmi innamorare della Programmazione Neuro Linguistica. Quando ne capisci la potenza e l’efficacia nella comunicazione, sei realmente in grado di dare una svolta al tuo modo di esprimerti e di capire le persone. In più, avrai a disposizione uno strumento fantastico per aiutare gli altri a espandere il proprio modello della realtà, portandole a prendere decisioni migliori perché scelte in un ventaglio di opzioni più ampio.

Oggi parliamo delle cosiddette equivalenze complesse. Robert Dilts, nel suo libro Applications of Neuro-Linguistic Programming pubblicato per la prima volta nel 1983, porta una grande varietà di esempi di equivalenze complesse. Ti consiglio di leggere il libro e per brevità ti riporto quella che è la definizione che ho elaborato che più mi piace: nella comunicazione verbale, c’è un’equivalenza complessa quando due affermazioni non necessariamente collegate vengono poste in una relazione di conseguenza, in genere con la seconda che deriva dalla prima.

Anche Vasco Rossi le ha usate: ecco perché sono così importanti e come puoi beneficiarne al meglio

Ti farò un esempio e poi potremo rivedere insieme la definizione che ti ho fornito. Se ascoltassi qualcuno che ti dice: “Il mio collega non è quasi mai puntuale: è una persona irrispettosa“, a livello superficiale potresti capire facilmente che cosa intende e anche essere d’accordo. Ma se ci pensi un po’ meglio, non è forse vero che una persona può essere rispettosa anche se qualche volta si presenta in ritardo?
Le due affermazioni “Il mio collega non è mai puntuale” e “Il mio collega è una persona irrispettosa” vengono artificialmente inserite in una relazione dove sembra che la prima implichi la seconda. Cioè, è come se stessimo concordando che quel collega è irrispettoso a causa del fatto che si presenta spesso in ritardo. Il che, naturalmente, non è per forza vero.

Questo è un esempio di equivalenza complessa e nella mia attività di mental coach presto particolare attenzione a queste forme di comunicazione verbale. Sono molto preziose! Mi aiutano a capire quali criteri utilizza il mio interlocutore per dare importanza ai suoi ragionamenti. E se a volte fa qualche aggancio poco funzionale tra due concetti, ho modo di aiutarlo a rimettere le cose a posto. Quindi, posso utilizzare queste informazioni per entrare in contatto con lui in modo più profondo, o per gettare il seme di un cambiamento o ancora per rafforzare un concetto. Eccoti altri esempi diffusi (li trovi in molti libri e corsi) di equivalenza complessa:

  • Da qualche tempo riesco a parlare in pubblico restando a mio agio, quindi sono cambiato
  • Lui non mi ama: non mi coinvolge nelle situazioni che deve affrontare
  • Quella mamma ama molto il suo bambino, hai notato quanto spesso lo bacia?
  • Se mi fai così tante domande allora non riesco a spiegarmi bene
  • Siccome non mi hai chiamato appena hai avuto la notizia ti importa poco di me
  • Se non mi guardi quando mi parli non sei sicura” (cit. Vasco Rossi)

Sì, anche il grandissimo Vasco ne ha utilizzate in diverse occasioni nei suoi spettacolari testi, in questo caso per dirci che per lui una donna è “sicura” di ciò che afferma solo se mentre lo fa “ti guarda in faccia”.

Come puoi notare, la varietà delle equivalenze complesse è ampia, ma ti basta capire come sono costruite per poterti accorgere di quando le persone le usano e trarne informazioni utili per essere un ascoltatore migliore, un coach più efficace, un genitore più attento e in generale un comunicatore più preciso.

Esistono diverse strategie per disinnescare un’equivalenza complessa, se si rivelasse necessario farlo. Uno dei modi che preferisco è aiutare chi la utilizza a metterla in discussione, e per farlo bisogna renderla “assoluta”. Le equivalenze complesse, proprio perché sono relazioni tra due affermazioni distinte, non possono resistere a una condizione di assolutismo, cioè non riescono a reggere se forzi la loro collocazione a tutti i casi possibili. Un esempio chiarisce subito il tutto.

Il tuo interlocutore è quello di prima, quindi ti ha appena fatto sapere che “il suo collega non è quasi mai puntuale, è una persona irrispettosa.” Ora, che cosa accadrebbe se tu – all’interno del giusto contesto e rapport – gli ponessi la domanda: “Tutte le persone rispettose per te sono sempre puntuali?” Qui la generalizzazione è in quel “tutte le persone” e nel “sempre” e mette alle strette l’equivalenza, infatti è molto probabile che la risposta sia “No, non intendevo precisamente questo, volevo dire che…

E’ una buona domanda, già sufficiente a espandere il modello che il tuo interlocutore sta utilizzando. Lo aiuterebbe a riflettere sulla forzatura che dà per scontata. E se anche rispondesse in modo affermativo, potresti fargli notare che una persona che si presenta puntuale a un appuntamento ma una volta lì si dilegua con una scusa qualsiasi senza tenere fede agli impegni sarebbe comunque irrispettosa.

Al di là del volere destrutturare un’equivalenza complessa, che in determinati casi di coaching ha la sua utilità, personalmente preferisco usare queste associazioni per rendermi conto con più precisione quale modello l’altra persona stia applicando. Perché se conosco quel modello, allora sono in grado di dedurre quali pensieri avrà, quali decisioni prenderà e quali risultati genereranno. La persona qui sopra evidentemente associa alla puntualità una forma di rispetto, così tanto da considerare “irrispettoso” un ritardatario (il quale magari ha avuto un impedimento oggettivo che gli ha impedito di essere in orario, ma è una persona che generalmente rispetta gli altri…)

Ovviamente davanti a un interlocutore del genere, per esempio se fosse un mio cliente, mi impegnerei per essere sempre puntuale, così da rispettare questo suo criterio. Divertiti a studiare e a riconoscere le equivalenze complesse!

Se vuoi saperne di più su questo argomento, eccoti il libro che ha ispirato questo articolo, mentre qui trovi tutti gli altri della serie 30 esperienze.






 

One Response

  1. Vittorio ha detto:

    Interessante grazie

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